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al testo di Gil
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Ti accostavi al cibo con l'umiltà dei semplici e con il gusto in bocca di chi sapeva l'affanno della vita.
Era il rito delle celebrazioni con cui onoravi la quotidianità non temevi il banale, l'ordinario dei nomi: era ancora l'eccezione a scoprire il tuo fianco debole ma non la diversità, che non vedevi per quella ingenuità del cuore cui appare il semprepuro nel vero di ogni respiro e battito d'occhi.
La vita anonima sembra non segnare la terra mai avara di memoria, perciò quando dirò in un mattino di grigiori o in un silenzio di nomi e di marmi la parola noi, in questo primo pronome verrà come un vento gagliardo il volto taciuto d'un destino incompiuto.
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